(Teleborsa) - "In un periodo storico come il nostro in cui si dibatte sulla durata delle concessioni demaniali, è importante attenersi all'aspetto del cosiddetto patologico del rapporto concessorio instaurato tra privato e P.A.". È quanto afferma l'avvocato Claudio Vinci di Vinci&Partners.
"La disposizione normativa di riferimento al riguardo – spiega Vinci – è senza dubbio l'art 47 del codice della navigazione. L'amministrazione può dichiarare la decadenza del concessionario: per mancata esecuzione delle opere prescritte nell'atto di concessione, o per mancato inizio della gestione, nei termini assegnati; per non uso continuato durante il periodo fissato a questo effetto nell'atto di concessione, o per cattivo uso; per mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata fatta la concessione; per omesso pagamento del canone per il numero di rate fissato a questo effetto dall'atto di concessione; per abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione; per inadempienza degli obblighi derivanti dalla concessione, o imposti da norme di leggi o di regolamenti".
"Si tratta di ipotesi, quelle contemplate dalla norma, che costituiscono gravi inadempimenti alle obbligazioni assunte dal concessionario con il rilascio del titolo concessorio e che legittimano (rectius obbligano) l'ente pubblico ad adottare il provvedimento di decadenza. Appare utile al riguardo – sottolinea Vinci – un commento all'articolo in questione. Le prime due ipotesi (lett. a e b) attengono all'inerzia del concessionario ai suoi obblighi di facere, assunti con il rilascio del titolo concessorio. Si tratta dei casi in cui il concessionario non ha eseguito le opere prescritte nell'atto di concessione, non ha iniziato la gestione nei termini assegnati, non ha fatto uso continuativo delle aree concesse o ne ha fatto cattivo uso. La terza ipotesi (lett. c) attiene all'abuso delle aree date in concessione che comportano un mutamento sostanziale e non autorizzato della finalità per cui il titolo concessorio è stato rilasciato. La quarta ipotesi (lett.d) attiene all'inadempimento del concessionario al pagamento del canone concessorio. La quinta ipotesi contemplata dalla norma (lett.e) e che legittima l'Amministrazione a pronunciare la decadenza del titolo concessorio attiene all'abusiva sostituzione di altri nel godimento della concessione, essendo l'atto concessorio rilasciato ad un soggetto individuato con specifiche caratteristiche (c.d. intuitupersonae). Infine l'ultima ipotesi (lett.f) contempla tutti quei casi in cui il concessionario si rende inadempiente agli obblighi assunti con l'atto concessorio, o imposti da norme di legge o di regolamento. Si pensi ad esempio al concessionario che abbia realizzato uno scarico abusivo nelle aree date in concessione o abbia realizzato un manufatto edilizio abusivo. Si tratta di una norma di chiusura che contempla tutte le fattispecie di grave inadempimento non rientranti nelle precedenti lettere.
La disposizione in commento attribuisce all'Amministrazione un doppio ambito valutativo, concernente innanzitutto i presupposti della decadenza e quindi la scelta finale. Viene al riguardo sottolineato che anche quest'ultima manterrebbe un carattere discrezionale, pur in presenza di un compiuto accertamento dei primi e che dunque la determinazione conclusiva di decadenza sarebbe scevra da automatismi valutativi. È quindi richiesta un'adeguata ponderazione tra l'interesse pubblico primario al corretto uso del bene demaniale e il contrapposto interesse del privato concessionario, supportata da motivazione esaustiva, in cui siano debitamente esposte le ragioni a fondamento della rottura della fiducia che deve permeare il rapporto concessorio (si richiama al riguardo la più recente giurisprudenza amministrativa, ed in particolare la sentenza del Consiglio di Stato del 2 maggio 2023, n. 4413). La giurisprudenza consolidata, d'altra parte, ( ex multis Consiglio di Stato sez. VII, 05/04/2024, n.3146) sul punto non manca di evidenziare che l'autorità demaniale è titolata ad esercitare il potere in presenza delle fattispecie previste dalle lettere da a) a f) della medesima disposizione normativa. Ai fini della legittimità del provvedimento è dunque sufficiente che sia accertata una delle fattispecie in questione, senza necessità di fornire un'ulteriore motivazione a sostegno della determinazione conclusiva. La correlazione tra il presupposto accertato e la determinazione finale rende infatti auto-evidente il venir meno della fiducia dell'amministrazione nei confronti del proprio concessionario, per l'astratta idoneità delle ipotesi elencate nelle menzionate lettere da a) a f) ad incidere sul vincolo fiduciario che dovrebbe presiedere allo svolgimento del rapporto concessorio per la sua intera durata. Il giudizio fiduciario è in altri termini legittimamente espresso nell'accertamento dei presupposti tipici della decadenza e nella loro rilevanza ai fini della cessazione del rapporto. Rispetto alla riconduzione del fatto concreto all'ipotesi astratta non è pertanto necessaria un'ulteriore valutazione".
"In conclusione si può affermare – prosegue l'avvocato – che in presenza delle ipotesi contemplate dalla norma l'Amministrazione ha un vero e proprio potere-dovere di pronunciare la decadenza e, secondo la giurisprudenza, la motivazione a sostegno della pronuncia di decadenza è sufficientemente espressa al ricorrere di uno dei presupposti ( lettere da a a f ) che fanno venire meno il legame fiduciario alla base del titolo concessorio".
"Infine – conclude Vinci – è appena il caso di precisare che il rapporto concessorio termina pure, nella sua ipotesi fisiologica, per scadenza della durata del titolo concessorio. In tale ipotesi il privato è tenuto a restituire le aree alla P.A. concedente, che per riassegnare le aree deve indire una procedura ad evidenza pubblica. Allo stesso modo, la P.A. è tenuta ad indire la gara, nel caso in cui venga pronunciata la decadenza per le ipotesi sopra esaminate".